Tumori della vescica
L’incidenza in Italia è di circa 30 casi su 100.000 abitanti per anno. L’età più colpita è compresa tra la quinta e la settima decade e, l’uomo è colpito 4 volte più frequentemente della donna, gli individui di razza bianca almeno 2 volte più frequentemente dei neri.
L’eziologia di questi tumori chiama in causa diverse sostanze e tra queste sono particolarmente segnalate fumo (soprattutto di sigaretta), amine aromatiche, azocomposti, acetilaminofluorene e fenacetina.
Il rischio per i soggetti fumatori è 3-4 volte più alto rispetto ai non fumatori ed è in stretta correlazione con numero di sigarette ed intervallo di tempo in cui si è fatto uso del tabacco.
L’istotipo più frequente (90-95%) è rappresentato dal carcinoma a cellule transizionali (TCC), seguono il carcinoma squamoso (2-3%), l’adenocarcinoma (2-3%), e il carcinoma indifferenziato (1%).
Macroscopicamente le neoplasie a cellule transizionali sono costituiti da struttura papillare, da cui il nome di papilloma, con assi connettivo-vascolari coperti da normale urotelio.
Il carcinoma a cellule transizionali (TCC) si manifesta in circa il 75%-85% dei casi come un tumore superficiale, non oltrepassante cioè la tonaca sottomucosa della parete vescicale.
L’altro 25%-15% presenta un’invasione della parete muscolare e/o una condizione metastatica.
Entità particolare è il carcinoma in situ: tumore superficiale limitato al solo epitelio, dotato però di una prognosi peggiore dei tumori vegetanti superficiali, ai quali spesso si associa. La maggior potenzialità a progredire verso la forma infiltrante e con possibile diffusione metastatica impongono un trattamento più aggressivo rispetto a quello riservato alle forme superficiali.
Sintomatologia
L’80% dei pazienti presenta macroematuria terminale (sangue nell’urina al termine della minzione), nel 20 % dei casi si associano sintomi irritativi come disuria, stranguria, pollachiuria (specie nel carcinoma in situ e possono rappresentarne la sola sintomatologia), e dolore; quest’ultimo è un segno prognostico sfavorevole di neoplasia infiltrante. All’infiltrazione degli ureteri può seguire un dolore tipo colica renale. Nei casi di interessamento delle stazioni linfonodali possono insorgere edemi agli arti inferiori.
Diagnosi
- Esame urine e del sedimento urinario: la microematuria (presenza di eritrociti) è spesso il segno d’esordio.
- Ecografia apparato urinario: permette di rilevare neoformazioni vegetanti all’interno della vescica e la valutazione della alte vie urinarie.
- Citologia urinaria: evidenzia la presenza di cellule neoplastiche nelle urine ma può dare falsi negativi risultando attendibile solo per
tumori di grado elevato. - Uretrocistoscopia: consente di visualizzare tutta la superficie vescicale stabilendo con certezza la diagnosi di neoplasia vescicale (numero
, grandezza, sede, aspetto), e di eseguire una citologia urinaria da lavaggio; permette inoltre di rilevare l’eventuale presenza di aree
arrossate che possono nascondere un carcinoma in situ. E’ utile eseguire delle biopsie random di tutte le aree arrossate, delle zone
circostanti le neoformazioni visibili, e, nel caso di neoformazioni recidive, della mucosa apparentemente normale nei diversi settori della
vescica (mapping vescicale). - Rx Urografia perfusionale: importante per lo studio della via escretrice alta.
- Scintigrafia ossea: può essere utile nell’evidenziare lesioni ossee metastatiche.
- TAC: per valutare l’eventuale infiltrazione a carico degli strati più profondi della vescica, nonchè l’estensione della neoplasia agli organi
limitrofi e l’eventuale presenza di metastasi a distanza o linfonodali per una corretto staging.
Terapia
Il trattamento dipende quasi esclusivamente dal grading e dalla stadiazione del tumore.
1) Neoplasie superficiali non infiltranti(Ta-T1-Tis):
La resezione transuretrale di neoplasie vescicali (TURB) deve essere considerato un atto stadiante e terapeutico allo stesso tempo poichè permette di valutare lo stadio T ed il grading della neoplasia.
Per le neoformazioni di piccole dimensioni è possibile resecare direttamente la base di impianto asportando in toto la neoformazione.
Per quelle più estese è necessario procedere step by step, iniziando dalla porzione più superficiale fino ad arrivare alla base di impianto, a livello della mucosa sana circostante. Quindi si procede alla resezione della mucosa circostante la base di impianto, lungo tutto il perimetro della base di impianto: si ottengono dei frustoli tissutali che vengono definiti margini di resezione per il successivo esame istologico.
Si procede con la resezione della base di impianto fino ad esporre chiaramente le fibre muscolari profonde o addirittura il grasso perivescicale, eseguendo di fatto una perforazione mirata della parete vescicale.
L’intervento è completato dalla coagulazione con la stessa ansa del letto di resezione. Non è superfluo ricordare che i frustoli ottenuti vanno inviati in contenitori separati all’anatomopatologo al fine di consentire una corretta valutazione dell’estensione della neoplasia.
Nel periodo post-operatorio e nel follow-up, per ridurre il rischio di recidiva, sono utilizzate instillazioni endovescicali di chemioterapici (mitomicina-C, epirubicina, doxorubicina) o immunoterapici (l’interferone ed il Bacillo di Calmette Guerin o BCG), somministrati mediante instillazioni periodiche prima settimanali e poi mensili.
2) Carcinoma in situ (Tis): TURB ed istillazioni endovescicali con BCG.
3) Neoplasie localmente avanzate infiltranti (T2-4 N0 M0):
La terapia chirurgica di queste forme è rappresentata dalla cistectomia radicale (asportazione totale della vescica) con linfoadenectomia, e successiva ricostruzione vescicale, possibilmente ortotopica, tramite un serbatoio urinario ileale o colico (utilizzando l’intestino), e ciò è possibile soltanto se l’uretra risulta indenne da infiltrazione neoplastica.
Nei pazienti in cui non può essere effettuata una neovescica ortotopica, è indicata la creazione di una derivazione urinaria. Le derivazioni più usate sono rappresentate dalla ureterosigmoidostomia (ureteri anastomizzati con il sigma), dalla vescica rettale (retto come serbatoio per le urine), dal condotto ileale (ureteri anastomizzati con l’ileo).
Molti protocolli prevedono inoltre l’utilizzazione di cicli pre o post-operatori di radioterapia e chemioterapia, che rappresentano gli unici trattamenti possibili nei pazienti in cui non è effettuabile l’intervento di cistectomia radicale..
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