Ipertrofia prostatica benigna
L’Ipertrofia prostatica benigna (IPB) è una patologia che consiste in un ingrossamento non tumorale, detto anche adenoma della prostata.
La prostata è la ghiandola che partecipa alla produzione del liquido seminale, situata al di sotto della vescica, anteriormente al retto e che circonda il tratto iniziale dell’uretra (condotto che trasporta l’urina dalla vescica all’esterno).
Istologicamente è possibile distinguere due zone: la zona “centrale”, dove origina l’ Ipertrofia Prostatica Benigna e la zona ”periferica”, dove originano il Carcinoma e la Prostatite.
L’Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) è la patologia prostatica più diffusa, relativamente poco frequente prima dei 40 anni, decisamente più diffusa oltre i 60 che, sebbene non sia fra le patologie più invalidanti, peggiora in modo rilevante la qualità di vita dell’uomo. Esiste un importante aumento numerico dei portatori di IPB e questo dato è generalmente spiegato con l’aumentata longevità, specialmente nei paesi occidentali, e con la maggiore attenzione rivolta alle problematiche degli anziani.
Eziopatogenesi e Cause
La prostata ingrossata è una patologia ad eziologia “multipla” dovuta a:
- squilibri ormonali
- età
- fattori di crescita
- epitelio
- muscolatura liscia.
Sintomi IPB
La proliferazione del tessuto prostatico ed il conseguente aumento di dimensioni della prostata
che si osserva con l’età conducono tipicamente ad una riduzione del calibro uretrale con:
- riduzione del flusso urinario ed incompleto svuotamento della vescica
- difficoltà ad iniziare la minzione, aumentata frequenza delle minzioni diurne e notturne
- instabilità detrusoriale
- infezioni urinarie
- ritenzione urinaria acuta.
Diagnosi ipertrofia prostatica benigna
Nella valutazione iniziale di tutti i pazienti sono “raccomandabili”:
- anamnesi
- esplorazione digito-rettale (DRE)
- esame urine
- creatininemia
- dosaggio ematico PSA (ed eventuale valutazione del rapporto PSA libero/totale) per la diagnosi differenziale con il Carcinoma
Tra i test diagnostici “addizionali”, nel caso di dubbi diagnostici dopo la valutazione iniziale, abbiamo:
- uroflussometria: utile nei pazienti con sintomi di prostatismo con flusso massimo non marcatamente diminuito che risponderebbero poco alla terapia per l’IPB.
- ecografia prosatica transrettale: fornisce informazioni sul volume e sulla struttura della ghiandola prostatica.
– residuo urinario post-minzionale (valutabile ecograficamente): utile soprattutto nel monitoraggio dei pazienti che non subiscono trattamenti chirurgici.
– studio pressione/ flusso: importante per la diagnosi differenziale tra i pazienti ostruiti e i pazienti con ipo/acontrattilità vescicale (disfunzione primitiva della vescica per malattia neurologica).
Cura ipertrofia prostatica benigna
Il trattamento dell’IPB prevede una terapia medica ed una terapia chirurgica.
Il trattamento chirurgico si basa prevalentemente su tecniche endoscopiche (TUR-P, TUI-P) sostituite, quando necessario, dalla chirurgia classica “a cielo aperto”.
Terapia medica
Terapia Medica “endocrina”
L’IPB è profondamente dipendente da meccanismi ormonali e, in particolar modo,dalla produzione di androgeni. Per tale motivo, molte terapie ormonali riducendo appunto la produzione di androgeni, sono in grado di prevenire o far regredire il processo iperplastico. Una delle sostanze impiegate nel trattamento dell’IPB è la Finasteride, un inibitore della 5alfa–redattasi (isoenzima 2), enzima che trasforma il testosterone (T) nella sua forma attiva diidrotestosterone (DHT), quindi tale farmaco inibisce l’attivazione del testosterone determinando un significativo beneficio all’incirca in un terzo dei pazienti; ma la sua efficacia risulta ridotta in individui con una ghiandola prostatica non molto ingrossata, e non è privo di effetti collaterali irrilevanti, primi fra tutti l’impotenza ed la riduzione della libido. Recentemente alcuni trials clinici hanno dimostrato che tale farmaco riduce di circa 25% il rischio di sviluppare il tumore della prostata rispetto al placebo, se assunto per un perdiodo di 7 anni, evidenziandone così l’efficacia chemiopreventiva nel trattamento a lungo termine dei pazienti con ipertrofia prostatica benigna. Dutasteride inibisce, a differenza della Finasteride, entrambe le isoforme della 5alfa–reduttasi (isoenzima 1 e 2) e ciò determina una quasi completa soppressione del DHT sierico in più del 90% dei casi, rispetto al 70% osservato con la Finasteride, senza significative differenze d’incidenza dei più comuni effetti collaterali.
Terapia Medica con “alfa-bloccanti”
Il recente sviluppo della biologia molecolare applicata alla clinica medica ha permesso di individuare dei recettori prostatici specifici, i cosiddetti alfa1-adrenorecettori classificati nei sottotipi alfa1A, alfa1B, alfa1D. La loro importanza risiede nel fatto che ben il 50% della pressione uretrale totale nel paziente affetto da IPB, si deve all’ipertono muscolare alfa adrenergico, regolato appunto tramite gli alfa-adrenorecettori. Gli alfa-bloccanti utilizzati normalmente (alfuzosina, doxazosina, prazosina, tamsulosina e terazosina) mostrano tutti effetti simili in termini di efficacia (aumento del 20-30% del flusso urinario) e sicurezza (mancanza o limitati eventi avversi). Tra gli effetti collaterali tipici abbiamo: mal di testa, ipotensione posturale, sonnolenza, vertigini, astenia, tachicardia, eiaculazione retrograda (soprattutto tamsulosina).
Altre terapie
Si tratta di prodotti fitoterapici e di derivati polienici, la maggior parte dei preparati fitoterapici sono rappresentati da estratti di piante, manifatturati secondo tecniche e metodiche diverse che portano ad una grande varietà di preparazioni.
– Origine degli estratti di piante più utilizzati: serenoa repens, pygeum africanum
– Componenti degli estratti di piante: fitosterolo, acidi grassi, lecitina, fito-estrogeni, delta5-sterolo
Terapia chirurgica
TUR-P (Trans Urethral Resection of Prostate)
La “resezione” prostatica trans-uretrale o TUR-P rappresenta il trattamento chirurgico d’elezione o “gold standard” per l’ipertrofia prostatica benigna, tant’è che rappresenta più del 95% della chirurgia dell’IPB in molti Istituti (ogni anno negli USA vengono eseguite circa 400.000 TUR-P, numero inferiore solo a quello degli interventi per cataratta).
La TUR-P è intervento di “riferimento” soprattutto in termini di elevata efficacia terapeutica e ridotte complicanze postoperatorie.
Da dati pubblicati in letteratura, la frequenza di reintervento a distanza di 1 anno è minore del 6 %; le complicazioni nel post-operatorio sono rappresentate da ritenzione urinaria (4%), da infezioni urinarie (2%) e da un’incontinenza iniziale (2.5%). L’intervento non deve avere una durata superiore ad 1 ora perché si può avere la cosiddetta “TUR-P syndrome”, causata da un eccessivo riassorbimento del liquido d’irrigazione.
Dai confronti con altre metodiche è emersa una favorevole minore incidenza di eiaculazione retrograda (incidenza variabile fino al 70%) per un minor traumatismo sul tessuto ghiandolare prostatico.
TUI-P (Trans Urethral Incision of Prostate)
La tecnica differisce dalla TUR-P in quanto prevede una “incisione” del collo vescicale (Trans Uretral Incision of Prostate) e non una resezione. Per quanto riguarda i risultati non sono sovrapponibili a quelli della TUR-P, infatti l’incremento del flusso urinario non sempre raggiunge gli stessi livelli. Tale metodica trova indicazione soprattutto nei casi di prostata piccola (prostata , in pazienti ad alto rischio, e in pazienti giovani che desiderano mantenere l’eiaculazione (il rischio di eiaculazione retrograda è
Vaporizzazione prostata Laser (Prostatectomia)
Una tecnica chirurgica mininvasiva, che sta trovando ampio utilizzo negli ultimi tempi è quella della vaporizzazione della prostata attraverso l’utilizzo del Greenlight laser: questo tipo di intervento presenta numerosi vantaggi e un recupero più veloce rispetto alle metodiche tradizionali. Per ulteriori approfondimenti vai alla Sezione Video Tube Greenlight-Vaporizzazione prostata
Altra tecnica mininvasiva è rappresentata da Rezum, tecnica che trova indicazione nelle prostate comprese tra i 30 e 80 grammi, indicata anche in presenza di III lobo prostatico, ottimi risultati a distanza, controindicata in presenza di infezioni delle vie urinarie, in pazienti con protesi peniena idraulica e sfintere urinario artificiale. Per ulteriori approfondimenti vai alla Sezione Video Tube Rezum trattamento con vapore acqueo
ATV (Trans Vescical Adenomectomy)
La adenomectomia “a cielo aperto” è un’eccellente operazione per pazienti selezionati (prostate molto grandi con un voluminoso adenoma), che a volte offre i migliori risultati possibili, specialmente quando coesiste un’altra condizione patologica che possa essere trattata durante lo stesso intervento chirurgico (calcolosi vescicale).
Attualmente, quasi ovunque nel mondo, l’adenomectomia “a cielo aperto” è un intervento limitato ad “alcuni casi”con una frequenza molto variabile, dal 5 al 40%. Tale disparità nelle frequenze riflette non solo le preferenze dei vari chirurghi, ma anche la diversa incidenza nelle differenti popolazioni di prostate di grandi dimensioni.
L’adenomectomia a cielo aperto è un’operazione meno delicata per il paziente, rispetto alla TUR-P, richiedendo l’apertura della parete addominale e della vescica, ha tempi d’intervento più lunghi, sono necessari più giorni di cateterizzazione, e richiede un’ospedalizzazione più lunga. E’ probabilmente l’opzione da scegliere nel caso di ghiandole prostatiche di 80 grammi o più, specialmente se associate a calcoli multipli vescicali, a larghi diverticoli vescicali od a un’ernia inguinale.
Da aggiungere inoltre che l’adenomectomia a cielo aperto registra una bassa probabilità di fallimento o la necessità di ripetere il trattamento entro 5 anni.
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