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Ricerca Nazionale sulla rilevazione della Disforia di Genere in età evolutiva

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Ricerca Nazionale sulla rilevazione della Disforia di Genere in età evolutiva

Sono stata invitata a partecipare a uno studio del Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica della Sapienza Università di Roma. Il gruppo di ricerca coordinato dalla Prof.ssa Anna Maria Speranza e dal Prof. Vittorio Lingiardi, con la collaborazione del Prof. Domenico Di Ceglie (fondatore e già direttore del Gender Identity Development Service, Tavistock Centre di Londra), della dott.ssa Vincenza Lertora e della dott.ssa Alessandra Di Naro (Istituto Gaslini di Genova), sta studiando la prevalenza della disforia di genere nei bambini e negli adolescenti e nelle bambine e nelle adolescenti italiani/e.

Negli ultimi anni si è sviluppato un crescente interesse nei confronti dell’identità di genere in età evolutiva e dei problemi associati al suo sviluppo. L’obiettivo è comprendere come viene riconosciuto e affrontato questo fenomeno e quali sono le principali attitudini dei professionisti del settore quando si trovano davanti a bambini/e (2-11) e/o adolescenti (12-18) che presentano problematiche legate al genere.

Nell’infanzia (2-11 anni), tali problematiche possono esprimersi attraverso la contemporanea presenza di alcuni dei seguenti indicatori:

  • Bambini/e che affermano di appartenere al genere opposto o ne hanno forte desiderio. Per esempio, una bambina che afferma di voler essere chiamata con un nome maschile;
  • Bambini/e che mostrano di preferire l’abbigliamento tipico del genere opposto. Per esempio un bambino che vuole indossare i vestiti della madre o di altre figure femminili significative (scarpe con il tacco, gonne o altro), e/o mostra delle resistenze nel dover indossare i propri capi di abbigliamento;
  • Nei giochi di finzione, bambini/e che scelgono ruoli legati convenzionalmente al genere opposto. Per esempio, un bambino che, quando gioca, vuole sempre ricoprire il ruolo della “principessa”;
  • Bambini/e che quasi sempre preferiscono giochi o attività tipici del genere opposto o che rifiutano sistematicamente quelli convenzionalmente associati al proprio genere. Per esempio, una bambina che preferisce i giochi in cui ci si azzuffa, evitando i giochi con le bambole;
  • Bambini/e che quasi sempre preferiscono la compagnia di bambini del genere opposto;
  • Bambini/e che mostrano repulsione per la propria anatomia sessuale. Nei maschi, affermazione che il proprio pene o i testicoli li disgustano, o che scompariranno, o che sarebbe meglio non avere il pene. Nelle femmine, rifiuto di urinare in posizione seduta, affermazione di avere o che crescerà loro il pene, o di non volere che cresca il seno o che vengano le mestruazioni;
  • Associata a uno o più dei precedenti comportamenti, il/la bambino/a presenta anche una sofferenza significativa.

Nella maggioranza dei casi l’esordio di questi comportamenti si riscontra in età prescolare, prima dello strutturarsi di un senso relativamente stabile del genere. Studi recenti sottolineano che circa il 70/80% dei casi che si manifestano durante l’infanzia non persiste nella disforia in adolescenza. Molto spesso i genitori aspettano qualche anno prima di rivolgersi al/la pediatra o a uno/a specialista, considerando la possibilità di una fase passeggera, e di solito lo fanno spinti dal manifestarsi di disagio sociale nell’ambiente scolastico.
Nell’adolescenza (12-18 anni) la disforia di genere si presenta di solito con:

  • Una marcata incongruenza tra il genere esperito e le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie, la cui comparsa può essere stata più o meno traumatica;
  • Un forte desiderio di liberarsi delle proprie caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie, spesso associata a una richiesta di terapie ormonali o interventi chirurgici di riassegnazione sessuale;
  • Un forte desiderio per le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie del genere opposto;
  • Un forte desiderio di essere riconosciuto/a e trattato/a come appartenente al genere opposto.

Il fine ultimo è quello di studiare il fenomeno nelle sue varie modalità e intensità di espressione, così da poterlo meglio descrivere, comprendere e affrontare.

Dr.ssa ROSSANA MAZZILLI

11 Luglio 2017/da Patrizio Vicini
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