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Patrizio Vicini
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Sei in: Patrizio Vicini / News

Diagnostica Invasiva del Deficit Erettivo

News

PRESUPPOSTI  DIAGNOSTICA INVASIVA:

 

  • NECESSITA’ DI STABILIRE L’ESATTA ETIOLOGIA DELLA DE
  • ESCLUDERE NEI PAZIENTI PSICOGENI QUALSIASI ALTRA PATOLOGIA ORGANICA
  • EVENTUALE TRATTAMENTO CHIRURGICO NEI PAZIENTI GIOVANI CON DISFUNZIONE VENO-OCCLUSIVA
  • EVENTUALE CHIRURGIA DI RIVASCOLARIZZAZIONE NEI PAZIENTI CON ANAMNESI POSITIVA PER TRAUMI PELVICI E/O PERINEALI
  • MOTIVAZIONI MEDICO-LEGALI

 

DIAGNOSTICA UROLOGICA INVASIVA NELLA DISFUNZIONE ERETTILE

 

  • FIC CON (SENZA ) ECOCOLORDOPPLER PENIENO
  • FIC TEST+RIGISCAN+VSS
  • ECD,( POWER DOPPLER ) PENIENO
  • CAVERNOSOMETRIA-GRAFIA
  • ARTERIOGRAFIA
  • (DOSAGGIO PO2 , NO SANGUE C.C.)
  • BIOPSIA C.C.

 

QUANDO :

 

FIC TEST

 

QUANDO  L’ANAMNESI E LE INDAGINI  NON INVASIVE NON HANNO CHIARITO L’ORIGINE  DELLA DE, E  PER I QUEI PAZIENTI IN CUI  POTREBBE ESSERE INDICATA LA FARMACOTERAPIA INTRACAVERNOSA

 

FIC TEST+RIGISCAN+VSS

NON RITENIAMO  UTILE  TALE TEST, VISTA LA ELEVATA PERCENTUALE DI FALSI POSITIVI,(PRIVACY –  RISPOSTE SOGGETTIVE DIVERSE ALLO STIMOLO EROTICO),

 

 

ECOCOLOR DOPPLER PENIENO DINAMICO

E’ L’ESAME DI II LIVELLO PIU’ IMPORTANTE  CHE  DEVE ESSERE FATTO

IN CASO DI RISPOSTA PARZIALE O NON DIRIMENTE AL FIC TEST OPPURE

QUANDO SI RENDE NECESSARIO CONFERMARE  IL  SOSPETTO  DI DISFUNZIONE ERETTILE  SU BASE VASCOLARE

 

CAVERNOSOMETRIA CON   EVENTUALE CAVERNOSOGRAFIA

 

NEI   GIOVANI CON FLUSSO ARTERIOSO NORMALE  MA RISPOSTA ERETTILE INSUFFICIENTE O DI BREVE DURATA,CANDIDATI AD UN TRATTAMENTO CHIRURGICO , CON  POSSIBILE  VISUALIZZAZIONE DELLE VIE DI DEFLUSSO ANOMALO

 

ARTERIOGRAFIA

NEI PAZIENTI CON ALTERATA  VASCOLARIZZAZIONE PENIENA POST-TRAUMATICA  IN CUI E’ INDICATO L’ INTERVENTO CHIRURGICO DI RIVASCOLARIZZAZIONE

 

 

 

DOSAGGIO P02 ,NO  SANGUE

 

QUANDO  E’ NECESSARIA UNA VALUTAZIONE FUNZIONALE  DELL’ENDOTELIO

 

 

BIOPSIA CORPI CAVERNOSI

 

PERMETTE UNA VALUTAZIONE MORFO-FUNZIONALE DEI CORPI CAVERNOSI   QUANDO  E’  PRESUMIBILE UNA DE DA DISFUNZIONE VENO-OCCLUSIVA SECONDARIA A  FIBROSI DA IPOSSIA

 

 

 

 

                                   

ATTESE:

 

FIC

VALUTAZIONE DELL’INTEGRITA’ DEL MECCANISMO ARTERO VENOSO

 

ECD

VALUTAZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA  DI EVENTUALE INSUFFICIENZA ARTERIOSA O DISFUNZIONE VENO-OCCLUSIVA

 

CAVERNOSOMETRIA(CON EVENTUALE CAVERNOSOGRAFIA)

VALUTAZIONE QUANTITATIVA DELLA DISFUNZIONE VENO-OCCLUSIVA

 

ARTERIOGRAFIA

VISUALIZZAZIONE  DELLA SEDE  E DEL GRADO DELLA LESIONE( FISTOLE – STENOSI)

 

DOSAGGIO P02 ,NO  SANGUE

VALUTAZIONE DELL’INTEGRITA’ ENDOTELIALE

 

 

 

 

 

13 Agosto 2023/da Patrizio Vicini

Tumore rene

News

Carcinoma a cellule renali

 

 Epidemiologia del  carcinoma a cellule renali

 

Il carcinoma a cellule renali è una neoplasia relativamente rara che costituisce circa  il 3% dei tumori che insorgono nell’età adulta.Negli Stati Uniti vengono diagnosticati circa 30.000  nuovi casi ogni anno , 12.000 dei quali ad esito infausto.(1)

E’ un tumore dell’età adulta che compare tra la V e la VII decade di vita , ed è più frequente nei soggetti di sesso maschile con rapporto maschi femmine di circa 2:1; l’incidenza di tale neoplasia è in aumento sebbene sia possibile una diagnosi  in uno stadio più precoce.Dal 1980 il carcinoma a cellule  renali , grazie all’aumentato uso dell’imaging addominale ( ultrasuoni e TC) , viene comunemente diagnosticato come massa incidentale, asintomatica , di piccole dimensioni e ad uno stadio precoce.Comparando l’incidenza dei tre stadi( localizzato , localmente avanzato , metastatico) dal 1975 al 1985 con quella dal 1986 al 1998 negli USA, è stato evidenziato che è aumentata l’incidenza di tutti e tre gli stadi clinici nelle ultime due decadi.L’aumentata incidenza del carcinoma a cellule renali  in tutti e tre gli stadi clinici sta ad indicare che  oltre all’uso più diffuso dell’imaging addominale , anche altri  fattori possano contribuire all’aumento di tale incidenza.(4)

Nei soggetti affetti dalla sindrone di von Hippel Lindau , dalla sclerosi tuberosa e dalla malattia renale cistica acquisita l’incidenza del carcinoma a cellule renali è più alta rispetto ai soggetti sani ; è stato inoltre ipotizzato che i pazienti con rene policistico autosomico dominante abbiano una maggiore predisposizione allo sviluppo di tale neoplasia.Sono proprio questi gruppi di pazienti , in cui l’incidenza del RCC è sufficientemente alta , che potrebbero beneficiare di uno screening precoce effettuato tramite l’analisi delle urine e l’uso degli ultrasuoni.(Steven C. Campbell et coll 1999 )

 

Diagnosi e stadiazione

 

Per  un uomo di circa 40 aa il rischio d’insorgenza del carcinoma a cellule renali è circa 1,34% con un rischio di mortalità  > 0,50% (2).L’uso sempre più diffuso di modalità diagnostiche come gli ultrasuoni e la tomografia computerizzata, ha contribuito sia all’aumento del numero di tumori diagnosticati ogni anno (negli USA circa 30.000 nuovi casi/anno); sia ad un cambiamento delle dimensioni e dello stadio della neoplasia al momento della diagnosi .Si è infatti passati  dal 5% per i tumori <3 cm e 32% per quelli con metastasi  del 1970, al 25% e 17% rispettivamente del 1980.(3)

Utile nel definire un approccio alle lesioni renali che non sono completamente solide  è la classificazione proposta da Bosniak  (5)che divide le masse renali cistiche in 4 categorie :

 

categoria 1:masse renali cistiche con pareti sottili , senza sepimentazioni o calcificazioni ,senza

enhancement alla T.C. con l’uso del m.d.c. ; tali lesioni sono presenti nel 25-33%

dei pazienti sopra i 50 anni.

 

categoria 2:masse renali cistiche con pareti sottili ma con poche sepimentazioni sottili e poche

calcificazioni , assenza di enhancement alla T.C. con il m.d.c.

 

categoria 3:masse renali cistiche con pareti più spesse , sepimentazioni più spesse o più

numerose calcificazioni più spesse o più numerose, assenza di enhancement alla TC

con il m.d.c. ,l’incidenza di malignità è di circa il 50%

 

categoria 4:masse renali cistiche con pareti spesse o nodulari, numerose o spesse

sepimentazioni,abbondanti calcificazioni,presenza di enhancement alla T.C. con il

m.d.c. Tali lesioni sono presunte essere maligne.

 

Le lezioni renali che con gli ultrasuoni non appaiono come cisti renali semplici andranno ulteriormente valutate con la T.C. o con la R.M.N.

Occasionalmente la R.M.N. fornisce maggiori definizioni delle caratteristiche delle cisti , ma le ragioni più comuni dell’uso di tale metodica sono essenzialmente allergia al m.d.c. , elevati livelli di cretinina sierica, cisti renale iperdensa  dove l’aspetto intercistico della parete non può essere identificato con la T.C.

In conclusione  possiamo dire che la diagnosi di carcinoma a cellule renali è generalmente semplice , ma le lesioni cistiche complesse possono rappresentare un problema.

La Stadiazione invece è essenzialmente basata sull’uso della Tomografia Computerizzata e della Risonanza  Magnetica .

Il sistema di stadiazione clinica e patologica attualmente in uso è il TNM del 1997(tab.1) (6)

Il cut point tra T1 e T2  è stato incrementato dai 2,5 cm del 1992 ai 7 cm del 1997.Hafez e colloboratori hanno trovato che la sopravvivenza dopo chirurgia nephron-sparing era migliore nei pazienti con tumore < di 4 cm(7).Altri autori della Mayo Clinic hanno esaminato i risultati dopo terapia chirurgica in 931 pazienti con tumore T1 e T2 confermando la validita di 7 cm come cut point tra i due stadi(8).

Recentemente altri autori hanno proposto  una suddivisione dello stadio T1 in due sottogruppi utilizzando come cut point 4 cm., solo i pazienti con tumore < di 4 cm potrebbero beneficiare di una nefrectomia parziale.Tali autori hanno anche analizzato il significato prognostico delle dimensioni tumorali nei carcinomi a cellule renali organo-confinati; correlando le dimensioni tumorali alla sopravvivenza.I risultati ottenuti indicano che sebbene il cut point tra T1 e T2 sia correlato con la sopravvivenza , la variabile dimensione è una variabile continua e come parametro prognostico è relativo piuttosto che  indicativo.(9)

Secondo altri autori  è4,5 cm  il cut point più significativamente correlato con la sopravvivenza del paziente.Non esiste nessuna differenza in termini di sopravvivenza tra pazienti con stadio T1 da 4,5 fino a 7 cm e  i pazienti con stadio T2 suggerendo che la sottodivisione dello stadio T1 in T1a e T1b non è indicata.Quindi l’attuale cut point tra T1 e T2 (7cm) è troppo alto e dovrebbe essere abbassato a 4,5 cmper apportare alla stadiazione TNM un migliore potere discriminatorio e prognostico.(10)

 

 

 

 

 

 

Tab. 1  Classificazione TNM del carcinoma a cellule renali

 

Tumore primario(T)

TX            Tumore primario non identificabile

TO            Nessuna evidenza di tumore primario

T1             Tumore di 7 cm  o meno limitato al rene

T2             Tumore maggiore di 7 cm limitato al rene

T3              Il tumore si estende all’interno delle vene maggiori o invade la ghiandola surrenale o

i  tessuti  perirenali , ma non si estende oltre la fascia di Gerota.

T3a Il tumore invade la ghiandola surrenale  o i tessuti perirenali ma non si estende

oltre la fascia di Gerota

T3bIl tumore si estende all’interno delle vene renali o nella vena cava al di sotto

del  diaframma

T3c Il tumore si estende all’interno delle vene renali o nella vena cava al di sopra

del diaframma

T4               Il tumore  si estende oltre la fascia di Gerota

 

 

Linfonodi regionali(N)

NX             I linfonodi regionali non sono valutabili

NO             Assenza di metastasi ai linfonodi regionali

N1              Metastasi in un solo linfonodo regionale

N2              Metastasi in più linfonodi regionali

 

 

Metastasi a distanza(M)

MX             Presenza di metastasi a distanza non valutabile

MO             Tumori senza metastasi a distanza

M1              Tumori con metastasi a distanza

 

Stadiazione

 

Stadio I T1 N0 M0
Stadio II T2 N0 M0
Stadio III T1

T2

T3a

T3b

N1

N1

N0,N1

N0,N1

M0

M0

M0

M0

Stadio IV T4

Qual. T

Qual.T

Qual. N

N2,N3

Qual.N

M0

M0

M1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Diagnosi differenziale tra masse renali cistiche e masse renali solide.

 

E’ possibile classificare le  masse renali cistiche e solide in base alle loro caratteristiche radiologiche in:

 

cisti probabilmente benigne:

  • cisti semplice ( categoria 1 sec. Bosniak)
  • cisti iperdensa ( < 3 cm ,assenza di enhancement con il m.d.c. )
  • cisti minimamente complicata ( categoria 2 sec. Bosniak)
  • rene policistico ( autosomico dominante e recessivo)
  • cisti infetta o ascesso renale

 

 

cisti probabilmente maligne:

  • lesioni renali nella s.di von Hippel Lindau( cisti , carcinoma a cellule renali )
  • lesioni renali nella sclerosi tuberosa ( cisti, angiomiolipoma,carcinoma a cellule renali)
  • malattia renale cistica acquisita( cisti , carcinoma a cellule renali)
  • nefroma cistico multiloculare
  • cisti maggiormente complicata simil-neoplastica ( categoria 3 sec. Bosniak)

 

masse solide probabilmente benigne:

  • angiomiolipoma
  • ematoma intrarenale/perirenale
  • tessuto renale anomalo(ipertrofia colonne del Bertin, lobature fetale)
  • pielonefrite xantogranulomatosa
  • infarto renale

 

masse solide probabilmente maligne:

  • carcinoma a cellule renali
  • carcinoma uroteliale intrarenale
  • oncocitoma
  • linfoma renale
  • metastasi renali

 

 

Bibliografia

  • Parker Sl et al. Cancer Statistcs, 1996.CA Cancer J Clin 65:5-27,1996
  • Ries LAGet al. SEER cancer statistcs review 1973-1994 . NIH pubblication 97-2789.Bethesda,MD: National Cancer Institute ,1997, p.233
  • Smith S J et al. Renal cell carcinoma: earlier discovery and increased detection . Radiology 170:399-703,1989
  • Lynette M. Hock et al. Increasing incidence of all stages of kidney cancer in the last 2 decades in USA. Journal of Urology 2002,167:57-60
  • The current radiographic approach to renal cyst. Radiology 158:1-10.1986
  • AJCC Cancer Staging Manual Flemin ID et al.Philadelphia 1997:294
  • Hafez Kset al.Nephron sparing surgery for localized renal cell carcinoma J Urol 161:192A,1999
  • Bryant SC et al. Staging of T1 versus T2 renal cell carcinoma: the issue of tumor size cut-point. J Urol161:194A,1999
  • Delahunt et al . Prognostic importance of tumor size for localized renal cell carcinoma: assessment of TNM T1 and T2 tumor categories and comparison vith other prognostic parameters.Cancer 2002 Feb 1;94(3) :658.64
  • Amnom Zisman et al.UCLA School of Medicine , 10833 LeConte Ave.CHS 66-118, Los Angeles,CA AUA 2002

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stadio linfonodale pNx,pN0 o pN1/N2 e sopravvivenza nei pazienti con carcinoma a cellule renali

Horst Zinke et coll.                         Mayo Clinic  , Rochester, Minnesota   J. Urol    vol. 168, 56-60     July 2002

 

La linfadenectomia, specialmente quella estesa , non viene effettuata nella maggior parte dei pazienti che si sottopongono a nefrectomia radicale per carcinoma a cellule renali.In molti di loro lo stato linfonodale rimane sconosciuto, stadio definito pNx , tale categoria perciò può includere anche   gli stadi pN1/pN2 non riconosciuti.

H.Zinke e coll. hanno condotto uno studio su 1535 pazienti che si sono sottoposti a nefrectomia radicale per carcinoma a cellule renali dal 1970 al 1998 per determinare la rilevanza prognostica dello stadio pNx/pN0 nella sopravvivenza cancro specifica.

Dei 1535 pazienti ,600 (39%) avevano uno stadio pNx ,870(57%) avevano uno stadio pN0 ,  e 65 (4%) avevano uno stadio pN1/N2.

Dall’analisi univariata i pazienti allo stadio pN0 avevano una maggiore probabilità di morire per carcinoma a cellule renali rispetto ai pazienti con stadio pNx (risk ratio 1.40, 95% intervallo di confidenza  da 1.12 a 1.75, p=0.003).I pazienti con stadio pN1 o pN2 avevano una probabilità 10 volte superiore di morire per carcinoma a cellule renali rispetto ai pazienti con stadio pNx(risk ratio 9.65, 95% CI da 6.99 a 13.33, p<0,001).

Invece  tramite l’analisi multivariata che teneva conto anche dello stadio tumorale e del grado nucleare le differenze tra gli stadi pNx e pN0 non erano più statisticamente significative(risk ratio1.07,95%CI da 0.85 a 1.34, p=0.583);perciò gli studi che analizzano le correlazioni tra stato linfonodale e sopravvivenza nei pazienti con carcinoma a cellule renali sono appropriati solo  se l’analisi è multivariata e vengono incluse variabili come lo stadio tumorale e il grado nucleare.

E’ stato inoltre messo in evidenza che i pazienti con stadio pNx avevano minore probabilità di essere sintomatici al momento della diagnosi (p=0.002), avevano un tumore di dimensioni < 5cm(p<0.001),di stadio(p<0.010) e grado(p=0.005) più basso  e minore necrosi cellulare(p=0.024) rispetto ai pazienti con stadio pN0 .

In conclusione, dati clinici disponibili preoperatoriamente e durante l’intervento chirurgico possono guidare il chirurgo nella decisione di effettuare una limitata linfoadenectomia per la stadiazione.

Nei casi in cui il tumore è di 5 cm o  di maggiori dimensioni, di grado elevato ( 3 o 4),sono presenti aree di necrosi cellulare, la linfoadenectomia aggiunge poche informazioni prognostiche in termini di sopravvivenza cancro specifica.

 

 

Review dei potenziali fattori di rischio per il carcinoma a cellule renali

Moyad Ma,             Univarsity of  Michigan Medical Center, USA

 

Il carcinoma a cellule renali ha una bassa incidenza e mortalità rispetto ad altre neoplasie ,ma è in costante aumento soprattutto nelle ultime due decadi ,anche nei paesi in cui l’incidenza era bassa.Molte delle neoplasie renali sono costituite dal carcinoma a cellule renali (RCC) e la razza nera ha una più alta incidenza rispetto alle altre razze.Anche gli individui anziani sono a più alto rischio rispetto ai giovani.Le ragioni di questo incremento potenziale d’incidenza restano sconosciute se si esclude l’impatto parziale di un’uso sempre più diffuso delle nuove procedure diagnostiche.

Storia familiare e genetica sembrano aumentare il rischio,fumo, ipertensione e obesità sembrano essere altri fattori di rischio.Riducendo tali comportamenti è possibile diminuire  perciò anche  il rischio di neoplasia.

Abitudini alimentati salutari (frutta e verdure e basso introito calorico) e maggiore attività fisica  possono contribuire ad abbassare il richio di RCC.

E’ anche possibile che l’aumento d’incidenza del carcinoma a cellule renali sia in parte dovuta ad uno stile di vita non salutare , soprattutto nelle ultime due decadi.

La prevenzione per le malattie cardiovascolari dovrebbe essere applicata anche per le neoplasie renali.

 

 

 

Carcinoma a cellule renale papillare (RCC): differenti comportamenti clinico-patologici?

Delfhine Amsellem-Quazana et coll.     Paris France

 

In questo studio sono stati comparati tre sottotipi morfologici del carcinoma a cellule renali papillare.:il tipo I con citoplasma basofilo, il tipo IIa con citoplasma eosinofilo simil-oncocitoma,il tipo IIb con citoplasma eosinofilo.

Il sottotipo IIb è maggiormente correlato ad un più alto grado nucleare, ad un più alto stadio, ad  una più precoce invasione vascolare microscopica  ed ha quindi una prognosi peggiore rispetto agli agli due sottotipi istologici.

Quindi  dall’attuale inclusione dei tumori  IIb  in un sottotipo  del carcinoma a cellule renali papillare , quest’ultimo di per se non può più essere considerato a buona prognosi .

 

 

Correlazione tra dimensioni del tumore e metastasi nelle differenti sindromi tumorali ereditarie del rene

Jonathan  r. Walker et coll.      National Insitutes Health, Behesda, MD

 

I pazienti con forme ereditarie di carcinoma renale come l’oncocitoma renale ereditario(HRO), il carcinoma a cellule renali basofilo papillare(HPRC), il carcinoma a cellule chiare nella sinrome di von Hippel Lindau (VHL),  sono più predisposti a  sviluppare recidive multiple e  tumori renali bilaterali.
In questo lavoro è stata valutata  quale possa essere la più corretta strategia terapeutica tra :  semplice osservazione clinica, nefectomia bilaterale con trapianto renale , e  nefrectomia parziale.

Dal momento che i tumori renali ereditari al di sotto dei 3 cm non sviluppano metastasi a distanza ,l’intervento chirurgico sarà indicato soltanto per quelli di dimensioni superiori ai 3 cm.

Per quelli  di dimensioni inferiori a tale cut-point   è sufficiente la semplice ossevazione clinica.

 

 

 

Neoplasia renale in adulti con pregresso tumore di Wilms giovanile

Jonathan H Ross et coll              Cleveland Clinic Foundation , Cleveland OH

 

Gli adulti con tumore di Wilms in età giovanile hanno  un aumentato rischio di sviluppare una neoplasia renale rispetto alla popolazione generale.Questa possibiltà  dovrebbe essere presa in considerazione nel momento in cui viene pianficato un follow- up a  lungo termine.

L ‘ aumentato rischio di sviluppare in età adulta un secondo tipo di neoplasia maligna nel rene controlaterale  , dovrebbe indirizzare il chirurgo ad effettuare una procedura di nephron sparing  nei bambini con tumore di Wilms.

 

 

Significato prognostico dell’analisi molecolare delle urine preoperatoriamente

Mark L. Gonzalgo et coll.     Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore ,MD

 

Gli autori dello studio hanno valutato la correlazione tra le alterazioni microsatelliti nelle urine e il rischio di recidiva di neoplasia renale in 30 pazienti con malattia organo confinata.

E’ stato dimostrato che la presenza di mutazioni molecolari nelle urine preoperatorie sono associata in modo statisticamente significativo a recidiva tumorale.

In futuro l’analisi delle alterazioni microsatelliti delle urine potrà servire a dividere i pazienti con neoplasia renale organo confinata in alto e basso rischio prognostico.

 

Stadiazione del carcinoma a cellule renali : TC   vs  Ultrasuoni

Fred Saad et coll.   University of Montreal , Montreal Canada

 

La TC è diventata oggigiorno la metodica standard per la valutazione di una massa renale diagnosticata ecograficamente.Gli autori di tale lavoro hanno comparato le due metodiche ,dimostrando che la TC non è superiore agli ultrasuoni nella stadiazione del carcinoma  a cellule renali.

La TC sovrastadia più facilmente le lesioni renali, e nei casi in cui gli ultrasuoni forniscono una diagnosi non equivoca per  massa renale solida sospetta di carcinoma a cellule renali ,la TC non è in grado di fornire informazioni aggiuntive che possano modificare le scelte terapeutiche.

Per tale motivo la TC dovrebbe essere usata solo in casi selezionati in cui vi sia un dubbio diagnostico con gli ultrasuoni .

 

Ruolo della MRI tridimensionale (3-D MRI)nella valutazione preoperatoria dei tumori renali candidati ad una nefrectomia parziale

Adam Berman et all. New York university School of Medicine, New York, NY

 

Tali autori hanno valutato l’utilità della MRI tridimensionale nella valutazione preoperatoria delle neoplasie renali suscettibili di   nefrectomia parziale. Dai risultati ottenuti emerge che la MRI 3-D è un metodo accurato nella stadiazione tumorale, definendo l’anatomia vascolare renale e delineando i rapporti tra la massa tumorale e le strutture intrarenali.Tale metodica è perciò utile nel selezionare i pazienti candidati alla nefrectomia parziale definendo  soprattutto la localizzazione e la multifocalità tumorale.

 

10 Agosto 2023/da Patrizio Vicini

Ruolo dei papillomavirus umani (HPV) ed espressione genica diP53 e Ki67 nel carcinoma del pene

News

Ruolo dei papillomavirus umani (HPV) ed espressione genica diP53 e Ki67 nel carcinoma del pene

Gentile V, Vicini P, Albanesi L *Giacomelli  L, Cardillo MR, **Pierangeli A, **Degener AM

 

Dipartimento di Urologia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Dipartimento di Medicina Sperimentale ePatologia , Sezione di Virologia

Università “La Sapienza”,Roma,Italia

 

Obiettivo

Lo scopo dello studio è stato  valutare la presenza di mutazioni del gene onsoppressore P53 e l’espressione dell’antigene di proliferazione cellulare  Ki67, attraverso l’analisi immunoistochimica (IHC) , in 11 campioni biologici inclusi in paraffina , provenienti da dieci pazienti di sesso maschile (età compresa tra 49 e 86 anni , età media 65 anni) sottoposti a penectomia per   carcinoma penieno presso il Dipartimento di Urologia “U Bracci” del Policlinico Umberto I di Roma.

E’stata inoltre  ricercata la presenza del  DNA dei Papillomavirus umani (HPV) ed eseguita un’accurata tipizzazione attraverso il sequenziamento del DNA sul campione positivo.

 

Metodi

L’analisi immunoistochimica (IHC) è stata eseguita con i seguenti anticorpi primari: anti-p53 ( DO-7) e Ki67 ( NCL-MM1) anticorpi monoclonali murini, frazioni  IgG1 , (forniti dalla  Dako,) alla diluizione 1:50.

Il DNA è stato estratto da piccole sezioni di ciascun campione usando il kit tissutale    NucleoSpin  (Machery Nagel); i campioni  sono stati sottoposti ad amplificazione con  general primers allungati alla loro estremità 3’  (GP5+/GP6+) ;   i prodotti PCR di opportuna lunghezza sono stati purificati e sequenziati.

 

Risultati

L’analisi immunoistochimica  (IHC) ha rilevato un accumulo nucleare di p53 mutata  in 10 campioni tumorali (90.9 % ) su 11 , analogamente l’ iperspressione genica di  Ki67  è stata riscontrata in  10 campioni di tessuto tumorale su 11 (90.9%).

L’HPV DNA è stata rilevato in 8/11 casi di carcinoma del pene (72.7%), il sottotipo virale di più frequente riscontro è stato  HPV 16.

L’analisi per sequenziamento ha rilevato in 1 campione la presenza di HPV 53 (12.5%), in 2 campioni di  HPV 18 (25%) e in 5 di HPV 16 (62.5%)

Nei   10 campioni tumorali  positivi per  p53 mutata   la  positività di HPV è stata riscontrata nell’  80%, mentre la percentuale di campioni positivi  sia per  Ki67 che  per l’HPV  è stata 70 %.

 

Conclusioni

I risultati di tale studio indicano che il carcinoma del pene è eziologicamente correlato all’ HPV e può insorgere in seguito a  mutazioni del gene onsoppressore  p53 gene e ad un’overespressione dell’antigene di proliferazione cellulare Ki67 .Un pattern immunoistochimico di espressione  “diffusa “ di p53 e Ki67 è più frequentemente associata a tumori scarsamente differenziati ed a più alto stadio tumorale.

 

 

Parole chiavi: carcinoma penieno ,p53, Ki67,  papillomavirus umano (HPV)

3 Agosto 2023/da Patrizio Vicini

Labioplastica Vaginale

News

MODULO DI CONSENSO INFORMATO

Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica (S.I.C.P.R.E.)

 

LABIOPLASTICA VAGINALE – VAGINOPLASTICA

La labioplastica vaginale – vaginoplastica è l’intervento di “chirurgia intima” più diffuso, consistente nella riduzione delle piccole labbra. La labioplastica vaginale – vaginoplastica viene eseguita per ragioni puramente estetiche, o scopo funzionale per ridurre i fastidi dovuti alle eccessive dimensioni delle piccole labbra in numerose attività sportive e non (ciclismo, ippica, fastidio e disagio durante i rapporti), per eliminare l’irritazione degli organi femminili specie quando vengono indossati indumenti attillati, oltre che per l’imbarazzo in presenza di un partner. Alcune donne aspirano ad un miglioramento della loro vita sessuale, eliminando questa cute che copre il clitoride. Tali alterazioni strutturali delle piccole labbra sono dovute a cause genetiche, all’avanzamento dell’età ed a cambiamenti che occorrono dopo il parto.
METODO
L’intervento di riduzione si ottiene eliminando le eccedenze di mucosa ed armonizzando i margini mediante tecnica chirurgica laser o con elettrofolgorazione. Viene eseguito dopo l’avvento del ciclo e l’obiettivo si raggiunge con una precisa incisione fotocoagulante che permette di ridurre la dimensione delle labbra e di modificare eventualmente la forma. La richiesta più comune è la riduzione delle piccole labbra per evitare che si proiettino oltre le grandi labbra. Con la labioplastica  vaginale  – vaginoplastica si raggiunge questo obiettivo in anestesia locale con sedazione, senza provocare sanguinamento. I miglioramenti delle tecniche chirurgiche consentono allo specialista di ricreare un aspetto naturale delle piccole labbra, tanto nella forma che nel colore. Il ritorno a casa avviene poco dopo l’intervento. Nel postoperatorio sarà importante per la paziente una particolare cura all’igiene della zona e l’astensione dai rapporti sessuali per 4-6 settimane.
DURATA DEL RISULTATO
Il risultato è definitivo.
COMPLICANZE E CONTROINDICAZIONI
I più comuni rischi del vaginal tightening sono legati a:
• asimmetria delle labbra • infezione • guarigione ritardata delle ferite • ematomi • sanguinamento • introflessione delle piccole labbra. • aspettative esagerate
vanno inclusi anche i rari rischi maggiori:
• complicanze legate all’ anestesia • sanguinamento

 

Lo scopo del seguente modulo di consenso è di fornire al paziente, in aggiunta al colloquio preoperatorio con il chirurgo, le informazioni riguardanti le caratteristiche ed i rischi connessi con all’intervento di LABIOPLASTICA VAGINALE – VAGINOPLASTICA.
La preghiamo pertanto di leggere attentamente quanto segue, di discutere con il chirurgo la spiegazione di ogni termine che non fosse chiaro e quindi di firmare questo documento come conferma di avere ben compreso le informazioni ricevute.
Il tipo di anestesia, i tempi di degenza, la frequenza delle medicazioni, l’epoca della rimozione dei punti, dipendono dal singolo caso clinico e dalla tecnica impiegata.
Il risultato è soddisfacente fin dai primi tempi, anche se alterato dall’inevitabile gonfiore post-operatorio, che però regredisce nei giorni successivi

PRIMA DELL’INTERVENTO DI LABIOPLASTICA VAGINALE – VAGINOPLASTICA

* Informare il chirurgo di qualsiasi eventuale trattamento con farmaci (soprattutto cortisonici, contraccettivi, antipertensivi, cardioattivi, anticoagulanti, ipoglicemizzanti, antibiotici, tranquillanti, sonniferi, eccitanti, ecc.)
* Sospendere l’assunzione di medicinali contenenti acido acetilsalicilico (es. Alka Seltzer, Ascriptin, Aspirina, Bufferin, Cemerit, Vivin C, ecc.)
* Eliminare o ridurre il fumo almeno una settimana prima dell’intervento.
* Segnalare immediatamente l’insorgenza di raffreddore, mal di gola, tosse, malattie della pelle

ALLA VIGILIA DELL’INTERVENTO DI LABIOPLASTICA VAGINALE  – VAGINOPLASTICA

* Praticare un accurato bagno di pulizia completo; lavare i capelli; rimuovere lo smalto delle unghie delle mani e dei piedi.
* Non assumere cibi né bevande, a partire dalla mezzanotte, se l’intervento è praticato in narcosi.

IL GIORNO DELL’INTERVENTO DI LABIOPLASTICA VAGINALE – VAGINOPLASTICA

* Mantenere rigorosamente il digiuno ed indossare un indumento da notte completamente apribile sul davanti con maniche molto comode.

DOPO L’INTERVENTO DI LABIOPLASTICA VAGINALE –  VAGINOPLASTICA

* Dopo 7 giorni è possibile fare una doccia.
* Eventuali attività sportive possono essere riprese dopo 4-6 settimane, purché non espongano a possibili traumi delle piccole labbra, anche modesti.
* Evitare rapporti sessuali per almeno 4-6 settimane
Al minimo dubbio di un andamento anormale del periodo postoperatorio o per qualsiasi altro problema inerente l’intervento, consultate senza esitazione il Vostro Chirurgo

 

CONSENSO INFORMATO A INTERVENTO DI LABIOPLASTICA VAGINALE – VAGINOPLASTICA

……………………, li…………………………

Io sottoscritto/a

Nome………………………………

Cognome…………………………..

DICHIARO di aver letto il protocollo di consenso informato unito alla presente scheda.

Inoltre, l’intervento mi è stato dettagliatamente illustrato dal chirurgo e ritengo di averne compreso scopi e limiti.

In particolare so che:

* Nel periodo post-operatorio le piccole labbra si gonfieranno inevitabilmente, anche se in misura variabile; il gonfiore si attenuerà nell’arco di circa
2 settimane.
* Si manifesteranno ecchimosi di varia intensità, che si riassorbiranno entro 2 settimane.
* La sensibilità della pelle delle piccole labbra potrà rimanere alterata per un periodo variabile.
* Come tutti gli interventi chirurgici anche la labioplastica vaginale è soggetta a complicanze, peraltro molto rare, quali l’ematoma (raccolta di sangue) che deve essere drenato, l’infezione che si tratta con terapia
adeguata, la formazione di cicatrici di qualità scadente (cicatrici ipertrofiche e cheloidee).

AUTORIZZO

Il dr/prof…………………………….

ed i suoi collaboratori ad eseguire su di me l’intervento di:

………………………………………………………..

So che dovrò essere sottoposto/a ad anestesia……………………………

AUTORIZZO

Il dr./prof……………………………………………….

e i suoi collaboratori a modificare secondo scienza e coscienza e secondo le contingenti necessità le tecniche programmate, sia nel corso dell’intervento stesso che in periodo post-operatorio.

Accetto di sottopormi alle terapie mediche e fisiche che mi verranno prescritte nel periodo post-operatorio, essendo informato/a che, in caso contrario, potrei compromettere l’esito dell’intervento.

Poiché la chirurgia non è una scienza esatta, non può essere precisamente programmato a priori l’esatto risultato, così come la qualità delle cicatrici residue e l’eventuale costituzione di ematomi e sieromi, in quanto tali eventi dipendono non solo dalle tecniche chirurgiche impiegate ma ancor più dalle risposte dell’organismo.

Acconsento ad essere fotografato/a prima, durante e dopo l’intervento, a scopo di documentazione clinica, che il chirurgo si impegna ad usare solo in contesto scientifico e con assoluta garanzia di anonimato.

 

N.B. L’intervento non è di natura estetica ma funzionale

 

…………………………………………………………………
firma del paziente

…………………………………………………………………
firma dell’esercente la patria potestà in caso di minore

…………………………………………………………………
firma del chirurgo

30 Luglio 2023/da Patrizio Vicini

Riabilitazione Perineale e Pavimento Pelvico

News

Centro per la Riabilitazione del Pavimento Pelvico

 

Minzione e Continenza Urinaria

Sotto il profilo funzionale, continenza e minzione sono assicurate dalla possibilità di variare il rapporto tra pressione uretrale e pressione endovescicale a favore della prima (continenza) o della seconda (minzione).

Durante la fase di riempimento la vescica si adatta progressivamente al crescente contenuto di urina, rispondendo con un minimo incremento pressorio endovescicale. vescica, inoltre,è normalmente stabile a riposo, cioè non presenta delle contrazioni al di fuori della fase minzionale,che provochino una inversione del rapporto pressorio tra uretra e vescica. La pressione uretrale è mantenuta dalle varie componenti di parete, per le quali sono rilevanti il trofismo e la vascolarizzazione della componente mucosa e sottomucosa, nonchè l’integrità anatomica e funzionale della muscolatura liscia e striata uretrale. La chiusura a riposo ed il corretto posizionamento del collo vescicale sono ulteriori fattori implicati nel mantenimento della continenza nella fase di riempimento. La relazione reciproca tra diaframma, m. addominali e pavimento pelvico è inoltre fondamentale per la comprensione del meccanismo della continenza,ma anche di altre funzioni quali la defecazione, la respirazione e la difesa del rachide in condizioni

di sforzo.

 

 

 

 

Tipo di difetto (Sintomatologia)

CISTOCELE (Sensazione di corpo estraneo vaginale, di qualcosa che esce, disuria)

URETROCELE (Incontinenza urinaria, sensazione di qualcosa che esce)

ISTEROCELE (Sensazione di corpo estraneo vaginale, di qualcosa che esce, di peso

Ipogastrico)

CULDOCELE (Sensazione di pressione pelvica in ortostatismo)

RETTOCELE (Sensazione di difficoltà allo svuotamento rettale)

LESIONI PERINEALI (Incontinenza fecale)

 

 

La riabilitazione funzionale pelvi perineale è consigliabile (su una paziente

collaborante, motivata e istruita sul piano terapeutico) per l’assenza di effetti collaterali, per i buonirisultati che si possono ottenere e perché non compromette una eventuale successiva opzione chirurgica. Il programma riabilitativo ha lo scopo di informare la paziente e correggere le cattive abitudini messe in atto per prevenire, ridurre o nascondere gli episodi di incontinenza (c.d. fase preliminare).Successivamente occorre rendere la paziente “cosciente della funzione della muscolatura pelvica” (c.d. presa di coscienza). Infine si cercherà di attuare un rafforzamento della muscolatura pelvica (c.d. chinesiterapia pelviperineale).

La chinesiterapia pelviperineale si attua attraverso tecniche endovaginali di messa in tensione e stiramento del muscolo pubo coccigeo. Tale manovra interessa prima la componente elastica del muscolo poi il muscolo vero e proprio stimolando il riflesso miotatttico da stiramento.

Al fine di favorire il lavoro di ripresa della coscienza e la tonificazione dl perineo, nella nostrapratica ambulatoriale associamo alla chinesiterapia due metodiche strumentali ausiliarie che sono il biofeedback e la stimolazione elettrica funzionale.

Il biofeedback (BFB) ha la finalità di indurre una contrazione elettiva del muscolo P.C., migliorare il grado di affaticabilità della muscolatura pelviperineale e migliorare la propriocettività. La metodica ci fornisce una informazione contemporanea dell’attività dei muscoli perianeali e dei muscoli sinergici.

La stimolazione elettrica funzionale, nella riabilitazione uroginecologica, è attuata con sonde anali e vaginali dotate di anelli conduttori posizionate a contato del muscolo elevatore dell’ano. Andremo ad ottenere una stimolazione diretta del muscolo attraverso una depolarizzazione della sua membrana a cui segue la contrazione muscolare ed una stimolazione indiretta attraverso la depolarizzazione della membrana del nervo pudendo, successiva partenza di segnale afferente al centro sacrale e conseguente evocazione di una contrazione muscolare indiretta.

 

Le principali indicazioni della terapia riabilitativa perineale sono rappresentate sa:

  • l’ipovalidità dei muscoli perineali con o senza incontinenza.
  • l’urgenza sensitiva detrusoriale.
  • l’instabilità detrusoriale.
  • l’incontinenza urinaria (I.U.S. – Vescica iperattiva – Mista).
  • l’insufficienza sfinterica.
  • il post partum.
  • il cistocele di 1° grado.
  • il “pelvic cronic pain” o dolore pelvico cronico.
  • la pre chirurgia pelvica.
  • le pazienti multioperate.
  • anorgasmia.

 

Le controindicazioni principali risultano essere la denervazione perineale comple ta, il pace maker cardiaco e lo IUD, la gravidanza, le mestruazioni o le perdite ematiche, le vaginiti, le infezioni urinarie e gli importanti prolassi.

 

 

 

Le tappe principali del processo diagnostico- riabilitativo sono :

 

> LA VISITA UROLOGICA

 

> LA RIABILITAZIONE FUNZIONALE

 

> IL BIOFEEDBACK

 

> LA STIMOLAZIONE ELETTRICA FUNZIONALE

28 Luglio 2023/da Patrizio Vicini

Disordine Identità di Genere – Transgender

News

Il transessualismo, che gli psichiatri chiamano Disordine d’Identità di Genere, interessa la Medicina Estetica, la Chirurgia Estetica e la Chirurgia Ricostruttiva Uro-genitale, chiamate in causa nel passaggio da un sesso all’altro di chi non si riconosce nel suo sesso biologico. È un processo complesso e delicato, oggi accettato dalla società e agevolato dalla scienza.

Il Disturbo dell’Identità di Genere rappresenta il desiderio di un cambio di sesso conseguente a una completa identificazione col genere del sesso opposto, con negazione e conseguente modifica del proprio sesso biologico originale. Esistono due tipi di transessuali: maschi transizionanti femmina (M-to-F: da maschio a femmina) e i transessuali femmine transizionanti maschio (F-to-M: da femmina a maschio). Tale condizione può svilupparsi sin dai primi anni di vita, durante il periodo adolescenziale e in età adulta d è fonte di grave disagio psicologico. L’uomo che si sente femmina e la femmina che si sente maschio stentano a trovare un ruolo nella società e sperimentano la difficoltà da farsi accettare, soprattutto dalle persone dominate da pregiudizi.
Oggi un individuo transessuale deve iniziare il percorso rivolgendosi a uno psichiatra per la diagnosi di “disturbo dell’identità di genere”. È solo la prima tappa di un lungo percorso a cui seguirà una visita dall’endocrinologo, che imposterà la terapia ormonale sostitutiva: estrogeni e antiandrogeni per le trans M-to-F oppure testosterone per i trans F-to-M. Successivamente, l‘individuo transessuale M-to-F può sottoporsi a trattamenti medici e chirurgici di tipo estetico (mastoplastica additiva, rimozione barba, rimodellamento di viso e naso viso, etc.) che essendo “chirurgia estetica” sono considerati privati ossia a carico della persona transessuale e non del Sistema Sanitario Nazionale.

Bisogna rivolgersi al Tribunale
prima e dopo gli interventi chirurgici

In genere per individui transessuali F-to-M non vi è necessità di chirurgia estetica. Dopo il trattamento ormonale, in base alla legge 164/82 l’individuo transessuale può richiedere al Tribunale l’autorizzazione per gli interventi chirurgici di riconversione sessuale, ossia orchiectomia, penectomia, e vaginoplastica con clitoridoplastica per i M-to-F, e mastectomia, isterectomia, falloplastica per i F-to-M. Dopo l’intervento di cambio di sesso, l’individuo transessuale deve rivolgersi di nuovo al Tribunale, questa volta per chiedere il cambiamento di stato anagrafico. Ottenuta la sentenza positiva, tutti i documenti d’identità saranno modificati per sesso e per nome acquisendo anche il diritto a sposarsi e ad adottare figli.
Ecco l’elenco degli interventi di chirurgia plastica normalmente necessari per trasformare un individuo dal sesso di provenienza al opposto.
Cambio di Sesso Uomo-Donna: Vaginoplastica. L’intervento di vaginoplastica rappresenta l’intervento di riconversione andro-ginoide e può essere effettuato con le seguenti metodiche chirurgiche:
• Tecnica del Flap peno-scrotale: la neovagina viene ricostruita con cute del pene e dello scroto.
• Tecnica dell’Inversione di cute peniena: la neovagina viene ricostruita con il tessuto del pene.
• Tecnica di Perovic: prevede l’utilizzo di un segmento di uretra per il confezionamento della neovagina.
L’intervento di cambio di sesso con Vaginoplastica si basa sul completo disassemblamento penieno (successivo ad orchiectomia bilaterale) e sull’utilizzo di tutti i componenti anatomici disassemblati (eccetto i corpi cavernosi) per la vaginoplastica.
La vaginoplastica, prevede che tutte le strutture anatomiche dell’apparato genitale femminile vengono ricostruite in un unico tempo. Il clitoride viene ricavato dalla riduzione del glande preservando il fascio vascolo-nervoso penieno; così confezionata la neovagina avrà una lubrificazione naturale e un’eccellente sensibilità.
Cambio di Sesso Donna-Uomo: Falloplastica. L’intervento chirurgico di falloplastica rappresenta oggigiorno un percorso molto impegnativo e difficile nell’ambito della chirurgia ricostruttiva genitale.
Il pene e l’uretra maschile (molto più lunga di quella femminile) consentono all’uomo funzioni specifiche ed estremamente difficili da ripristinare come erezione, eiaculazione, mitto urinario in stazione eretta.

L’organo del neo-maschio
entra in funzione dopo 12 settimane

Vediamo quali sono i vari steps chirurgici per il passaggio del soggetto femmina al soggetto maschio.
1) Per quanto riguarda la ricostruzione del neofallo negli anni sono state proposte molte metodiche chirurgiche che utilizzano diversi innesti liberi di tessuto, tuttavia nessuna consente una ricostruzione peniena soddisfacente. Una delle metodiche più comuni e diffuse utilizza per la falloplastica tessuto prelevato dall’avambraccio, tale intervento lascia però una sgradevole cicatrice, può dare luogo a complicazioni uretrali (fistole e stenosi uretrali), e spesso si ricostruisce un pene di piccole dimensioni che non consente il posizionamento di protesi peniene. Un’altra metodica prevede l’utilizzo di un lembo cutaneo e sottocutaneo addominale, il cosiddetto Lembo Sovrapubico di Pryor, con associata addominoplastica per un migliore risultato estetico. Un’altra metodica è stata proposta dal professor Sava Perovic: questa tecnica utilizza innesti liberi di latissimus dorsi, ossia del muscolo latissumus dorsale.
2) La ricostruzione dell’uretra o uretroplastica è necessaria per poter consentire al soggetto di urinare in posizione eretta. Tale procedura è gravata da un’altissima percentuale di complicanze: la fistola uretrale, la stenosi e i diverticoli, soprattutto quando si effettuano nello stesso tempo sia l’intervento di falloplastica che quello di uretroplastica e proprio per tale motivi in molti centri non viene eseguita frequentemente e quasi mai contemporaneamente alla ricostruzione del neofallo.
3) La ricostruzione chirurgica del neoglande con rimodellamento del glande viene eseguita contemporaneamente alla falloplastica oppure in modo stadiato in una fase successiva
4) L’impianto di protesi peniena è necessario ai fini della funzione sessuale in quanto permette la penetrazione e un rapporto sessuale soddisfacente. L’impianto viene effettuato dopo aver completato la ricostruzione del neofallo. A questo scopo possono essere utilizzati vari tipi di protesi peniene: malleabili, soffici, idrauliche bicomponenti e infine idrauliche tricomponenti, impiantando però un solo cilindro protesico. La protesi può essere stabilizzata e ancorata al periostio della sinfisi pubica (ossia all’ osso pubico o pube) in modo tale da evitarne dislocazioni. La pompa può essere impiantata nel neoscroto precedentemente creato. La protesi peniena qualunque essa sia deve essere impiantata almeno 6-8 settimane dall’intervento di falloplastica. Il rapporto sessuale può essere attuato dopo 12 settimane dal posizionamento delle protesi peniene.

Per concludere come tutte le patologie anche il cambio di sesso richiede un approccio multidisciplinare integrato al fine di consentire il miglio approccio diagnostico e terapeutico che coinvolge diverse figure psicologo, urologo, andrologo, chirurgo plastico ed estetico.

 

3 Luglio 2023/da Patrizio Vicini

Espianto Protesi Peniena Idraulica Tricomponente

News

Operatore: Dott. Prof. Patrizio Vicini

  • La protesi si attivava ma si verificava perdità rigidità protesica durante l’attività sessuale.
  • Dopo x anni il punto di rottura delle protesi avviene all’ emergenza dei tubicini di raccordo dai cilindri protesici o da perdità (fluid loss) e riduzione pressione secondaria all’insufficiente quantità di soluzione all’interno del sistema o da un’erosione
  • Test di verifica preoperatoria prevedeva la verifica dell’integrità del sistema, probabile causa di rottura della protesi, tramite schiacciamento e relativo aumento di pressione dei cilindri.

La protesi rimaneva attiva senza incremento pressorio esterno, si disattivava con l’aumentare delle pressioni.

 

  • Incisione e refertazione della connessione pompa scrotale al reservoir essendo una protesi preconnessa (cilindri e pompa sono precollegati)
  • Dopo aver clampato l’estremità prossimale (relativo al connettore e non al reservoir) della connessione e rimosso il connettore si verifica la quantità di soluzione presente all’interno del reservoir che confermava la quantità di soluzione immodificata rispetto al primo intervento.
  • Il liquido del resorovir è stato mandato in coltura per analisi batteriologica per escludere che all’interno della soluzione che vi fossero precipitazioni proteica di siero che avrebbe compresso l’efficienza della nuova protesi per inceppamento del micro resistore della pompa

Il tutto è stato per evitare la rimozione e la messa a dimora di un nuovo di un nuovo reservoir ( che avrebbe determinato allungamento dei tempi chirurgici, maggior rischio di infezione protesica, maggiori costi).

Dopo aver riempito con una quantità nota il resorvoir , si procedeva all’esclusioone dello stesso mediante un tappo in metallo dedicato per evitare sia la fuoriuscita di soluzione sia l’ingresso di materiale ornganico per via retrograda nel sistema.

Questo ci consentiva di effettuare la rimozione e nuovo impianto in tutta sicurezza.

  • A questo punto si collega una sirigna da 60 ml con ago smusso 15 gauge, si simulava l’attivazione della protesi che ci confermava la mancata efficienza del resistore della pompa.

Si decideva pertanto la sostituzione dei cilindri e pompa.

  • Grazie alla tecnologia messa a diposizione dell’AMS le nuove protesi sono rivistite da inibizione (soluzione di associazione antibiotica di rifampicina ed minocillina), rilascio lento a 28 giorni , nei re interventi il rischio infezione è maggiore, si preferiva pertanto utilizzare la suddettà e non altre  no per incompatibilità di sistema ma besnì per il minor rischio infettivo.

 

  • Nelle revisioni dove vengo lasciate a dimora una parte degli elementi protesici,vengono utilizzati dei connettori dedicati parte integranti del kit accessori a disposizione.

Questi connettori sono in teflon la contiguità viene assicurata non con approssimatore come da procedura standard, ma mediante Prolene 2/0, il 3/0 sarebbe troppo sottile con rischio di lacerazione e compromissione dell’integrità del tubo.

 

  • Alla fine è stata rimessa a dimora la nuova protesi che una volta collegata al serbatoio lasciato in situ ci confermava ulteriormente il danno del pregresso impianto limitato all’efficienza della pompa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2 Luglio 2023/da Patrizio Vicini

Malattia di La Peyronie: Corporoplastica di raddrizzamento geometrica

News

IPP: PATCHWORK DI DERMA FETALE CON TECNICA GEOMETRICA

  1. Sedigh* , P. Vicini**

 

 

Key words: patchwork, malattia di La Peyronie, Induratio Penis Plastica, patch dermico fetale, corporoplastica geometrica

 

 

INTRODUZIONE

Lo scopo del lavoro è presentare l’utilizzo del derma porcino fetale con corporoplastica di tipo geometrico in un paziente affetto da Malattia di La Peyronie.

 

MATERIALI E METODI

Il caso è di un paziente affetto da Malattia di La Peyronie con recurvatum dorso laterale sinistro di circa 90 gradi e normale funzione erettiva ma con coito impossibile.

All’ecocolordoppler penieno dinamico effettuato in condizioni basali e dopo farmaco infusione di 10 mcg di PGE1  si evidenzia normale risposta emodinamica (risposta clinica di tipo III: erezione completa) con rapida caduta delle resistenze periferiche e buon incremento della velocità sistolica a carico dell’arteria cavernosa destra e ddell’arteria cavernosa sinistra.

Alerata distensione di entrambi i corpi cavernosi.

Normale incremento del diametro delle arterie cavernose ( v. n. > 75%)

Velocità telediastolica con valori  normali (v.n. < 4,5 cm/sec) con raggiungimento stabile della fase 3.

Indice di resistenza nella norma(v.n. > 0,75).

All’esame power Doppler buona rappresentazione delle cavernose lungo tutto il decorso con arteriole elicine normali per   calibro, disposizione e numero. Sono evidenti diramazioni di I e II ordine.

Nella fase di massima risposta clinica è presente recurvatum dorso-laterale sinistro di circa 90 gradi, eco graficamente si rileva un ispessimento ipoecogeno dell’albuginea di entrambi i corpi cavernosi a livello del III medio penieno di circa 18 mm di lunghezza, 16 mm di larghezza e 2,5 mm di spessore. Ispessito ed iperecogeno risulta il setto intercavernoso.

L’esame depone per normalita’ dell’afflusso arterioso penieno, normale il blocco al deflusso venoso, lesione di tipo indurativo nella sede sovradescritta.

Alla RMN peniena effettuata in condizioni basali e dopo farmaco infusione di 10 mcg di PGE1  si rileva ispessimento diffuso dell’albuginea in corrispondenza del versante dorsale del III distale del pene a livello del punto di massima curvatura che coinvolge entrambi i corpi cavernosi. Non sembrano tuttavia documentarsi dislocazioni e compressioni de fascio vascolo-nervoso.

L’accesso chirurgico da noi effettuato è stato il seguente: mediante incisione subcoronale e degloving penieno, si effettua apertura longitudinale parauretrale bilaterale della fascia di Buck ed isolamento notevolmente difficoltoso ma ”completo” del fascio vascolo-nervoso.

Verifica della curvatura tramite erezione idraulica che risulta essere di circa 90 gradi, incisione geometrica dell’abuginea nel punto di massima curvatura fino a raggiungere un completo rilassamento ed allungamento penieno.

Posizionamento di patch di derma porcino fetale  fissato con Vicryl 3/0.

Verifica tramite erezione idraulica del completo raddrizzamento penieno.

Chiusura della fascia di Buck. Posizionamento di drenaggio in aspirazione

Postectomia. Frenulotomia con frenuloplastica

Medicazione contenitiva semi-compressiva.

 

RISULTATI

Il paziente nel postoperatorio  non ha avuto infezione, né alterazioni di tipo meccanico, con normale ripresa dell’attività sessuale a 4-6 settimane.

 

CONCLUSIONI

La plastica di raddrizzamento penieno tramite incisione geometrica e posizionamento di patch di derma fetale porcino consente un adeguato raddrizzamento ed allungamento penieno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

28 Giugno 2023/da Patrizio Vicini

Frattura del pene

News

Frattura del pene: accesso peno-scrotale con degloving completo dell’asta dopo valutazione RMN 

 

Introduzione

La frattura del pene, caratterizzata dalla rottura traumatica della tunica albuginea con possibile lesione uretrale, costituisce un’urgenza urologica spesso generata da traumi durante il coito o automanipolazioni per sopprimere l’erezione. La Risonanza Magnetica Nucleare rappresenta l’indagine diagnostica più accurata perchè in grado di fornire un’eccellente dimostrazione dell’anatomia rivelando lacerazioni sia dell’albuginea che eventualmente dell’uretra. Il trattamento, che consiste nella chiusura della lacerazione della tonaca albuginea, viene, generalmente, effettuato con un accesso sub-glandulare con degloving completo dell’asta. La quasi totalità delle fratture peniene è localizzata a livello del III prossimale dell’organo.

 

Case-report

Paziente di 56 anni giunge alla nostra attenzione per comparsa, in seguito a trauma durante il coito, da circa 6 ore di ematoma penieno e disuria. All’esame obiettivo si evidenzia grossolano ematoma e pene lievemente deformato per deviazione verso destra (foto 1). Viene effettuata d’urgenza una RMN con gadolinio che mette in evidenza un’interruzione della tunica albuginea in corrispondenza del versante ventrale del III prossimale del corpo cavernoso di destra, con associato ematoma contiguo e nel corpo spongioso, diffuso e marcato edema del tessuto sottocutaneo. Non si documentano lesioni uretrali associate. Si effettua, quindi, incisione peno-scrotale (foto 2 e 3) e degloving del pene (foto 4); dopo l’apertura della fascia di Buck, si reperta il punto di frattura (foto 6). Blocco emostatico con Tourniquet alla base del pene e sutura della corporotomia con Vicryl 3/0 (foto 7). Chiusura della breccia chirurgica dopo posizionamento di drenaggio Redon 14 Ch (foto 8).

 

Risultati

Il paziente torna a controllo dopo circa 10 giorni, mostrando un quasi totale riassorbimento dell’ematoma e riferendo episodi erettili normali.

Dopo circa 30 giorni viene effettuata una Rigidometria Peniena Notturna che documenta una funzionalità erettile nella norma.

 

Conclusioni

Il paziente torna a controllo dopo circa 10 giorni, mostrando un quasi totale riassorbimento dell’ematoma e riferendo episodi erettili normali.

Dopo circa 30 giorni viene effettuata una Rigidometria Peniena Notturna che documenta una funzionalità erettile nella norma.

 

Bibliografia

1) García Gómez B, Romero J, Villacampa F, Tejido A, Díaz R. Early treatment  of penil

fractures: our experience . Arch Esp Urol. 2012 Sep;65(7):684-688.

 

2) Murray KS, Gilbert M, Ricci LR, Khare NR, Broghammer J. Penile fracture and magnetic resonance imaging. Int Braz J Urol. 2012 Mar-Apr;38(2):287-8.

3) Wen J, Li HZ, Ji ZG, Li HJ. Immediate surgical intervention for penile fracture: a case report and literature review. Chin Med Sci J. 2011 Jun;26(2):132-4.

27 Giugno 2023/da Patrizio Vicini

PRP-Plasma Piastrinico in Andrologia

News

Congresso Nazionale SIA
Società Italiana Andrologia 22-25 Giugno Roma
Giuria Top Comunications PRP in Andrologia Dott. Prof. Patrizio Vicini

Andrologo ed Urologo Roma

www.patriziovicini.it

@dr.vicini_urologia_andrologia
@siaandrologiaitaliana #siaonfire

#Andrologia #Andrologo #Roma

24 Giugno 2023/da Patrizio Vicini
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Studio Medico
Via Sergio Forti 39 – DAY CLINIC EUR – Roma
Tel e Fax 06.52.24.4466

Studio Medico
V.le V. Veneto 158/160 – MITREO MEDICA – Grottaferrata (RM)
Tel e Fax 06.94.56.677

Interventi

Casa di Cura CLINICA PARIOLI
Via F. Giordano 80 – Roma
Tel. 06.80.7771, Fax 06.80.77.7290

Clinica ARS bio MEDICA
Via Luigi Bodio 58 – Roma
Tel 06.36.14941, Fax: 06.36.14941

Casa di Cura VILLA STUART
Via Trionfale 5952 – Roma
Tel 06.35.528500, Fax: 06.35.52.8500

 

Informazioni

Sito di divulgazione medica Andrologica ed Urologica a cura del dott. Patrizio Vicini

info@patriziovicini.it

P. Iva: 08311621000

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