Cos’è la prostatectomia radicale
La prostatectomia radicale rappresenta il trattamento d’elezione in caso di tumore prostatico localizzato e può essere eseguita con tecnica laparoscopica o robotica.
Le indicazioni a questo tipo d’intervento tengono conto dell’aspettativa di vita del paziente e del suo performance status, dello stadio della patologia al momento della sua diagnosi e della possibilità di opzioni terapeutiche alternative con relativa efficacia e morbilità.
E’ suscettibile di cura “radicale” solo il tumore prostatico “organo confinato”, cioè limitato alla ghiandola prostatica, dal momento che l’efficacia della terapia ormonale è ridotta nel tempo per lo sviluppo di cloni cellulari ormono-resistenti, e non esiste un protocollo chemioterapico di validata efficacia tale da permettere la guarigione della malattia metastatica; oggigiorno però grazie all’aiuto della radioterapia post-chirurgica buoni risultati sono presenti anche nel caso di malattia localmente avanzata.
Tecnica chirurgica
La tecnica chirurgica di uso più diffuso prevede l’accesso per “via retropubica” con una prima fase di asportazione bilaterale dei linfonodi iliaci esterni ed otturatori, inviati per l’esame istologico intraoperatorio in base al quale si decide se continuare o sospendere l’intervento (in presenza di metastasi linfonodali).
Successivamente si asporta la prostata e le vescicole seminali in blocco, verificando la radicalità oncologica con esame istologico estemporaneo sul collo vescicale, peduncoli vascolari e sul margine di sezione uretrale.
La fase terminale prevede la riduzione ed eversione del collo vescicale e successiva anastomosi tra neocollo ed uretra.
Le due maggiori complicanze che influenzano negativamente la qualità di vita del paziente sottoposto a prostatectomia radicale sono rappresentate da: disfunzione erettile (dal 10 al 90% dei soggetti) ed incontinenza urinaria (dallo 0,3 al 65,6% dei soggetti).
La percentuale d’incontinenza urinaria può essere ridotta minimizzando la lesione dello sfintere uretrale striato che avviene durante la dissezione dell’apice prostatico (preservando i legamenti pubo-prostatici e sezionando l’uretra il più distalmente possibile) e ricostruendo nel modo più anatomico possibile lo sfintere durante la fase di confezionamento della neoanastomosi vescicouretrale.